23 ottobre 2016

I miei siti Unesco

Ho deciso di partecipare a un concorso fotografico; devo fotografare alcuni siti patrimonio Unesco in Lombardia e mettere gli scatti (massimo 10) sui social.
Mi sembra una bella iniziativa, anche per conoscere qualche altro posto che non sia il centro di Cömo, il Birrivico, il Pura Vida d'estate, ecc.
Gambe in spalla e si va.
Il primo sito che scelgo di fotografare è il Sacro Monte di Varese. Trattasi di una montagnolina su cui sono piazzate 15 cappelle (sì, ho cercato un sinonimo ma niente) in salita. Una sorta di percorso spirituale insomma, fino ad arrivare al paesino in cima che è davvero una favola.

Per arrivare lassù io e la mia amica T dobbiamo prendere il bus da Cömo a Varese e poi un altro bus che ci lascia alla prima cappella da cui, proseguendo e salendo a piedi, vedremo tutte le altre. In prima battuta pensiamo di prendere la comoda funivia che ci avrebbe lasciato in cima per poi scendere con calma e fare foto in santa pace. Ma l'autista ci comunica che la funivia non va. Apprendiamo solo in seguito che viene attivata solo nei weekend.
Con (mio) grande disappunto cominciamo a salire. Vorrei descrivervi le chiesette ma sono davvero quasi tutte uguali e anche fotografarle non rende. Patrimonio Unesco sì, ma mi viene l'incazzo se penso al castello di Sammezzano che invece sta lì così in attesa: di cosa, poi, non so.

Il paesello in cima invece è molto carino (ma sarà patrimonio Unesco? Mha) solo che dopo un breve giro ci tocca scendere. La fame chiama e vogliamo qualcosa di veloce da mangiare a Varese.

Non ho mai amato Varese: probabilmente l'ho già scritto ma quando io e Fry eravamo in procinto di trasferirci nel profondo nord stavamo cercando casa a Varese. Poi Zion mi disse "Perché non cercate a Como? È più carina e ci sono anche meno leghisti".
Nonostante Il luogo di lavoro di Fry sia più vicino a Varese ci siamo lasciati convincere soprattutto dalla seconda affermazione. Come poi abbiamo scoperto, a Varese celebrano anche il compleanno di Hitler.
Devastante.
Tornando ai miei siti Unesco la seconda avventura che vi propongo è stata al villaggio operaio di Crespi d'Adda. Convinta di dover fare meno chilometri me la sono presa con calma. La mattina in cui ho deciso di andare ho preso il treno alle 11.16. Fu così che ci misi 3 ore.
3 fottutissime ore.

Como Nord Lago - Milano Nord Cadorna
Metro verde fino a Gessate (lontanissima)
Autobus fino a Trezzo sull'Adda
E, dulcis in fundo, buona mezzoretta a piedi.
In tutto questo ho incontrato persone con istinti omicidi (oltre me) che sembravano ostacolare la mia già difficile propensione all'ottimismo, in una giornata in cui scattare foto (con quel cazzo di cielo bianchissimo) sembrava impossibile.
Il controllore di Trenord sembrava essere strafatto di caffeina. Io uso solo biglietti digitali comprati online che mostro poi a chi di dovere dall'app.
L'app di trenitalia è lentissima, per cui ci mette quei suoi buoni 30 secondi per aprirsi.
In tutto questo io portavo le mie dolcissime cuffione da isolamento sociale, insomma, la mia fabbrica di ottimismo (anche se non tutti comprendono che tenere sulle orecchie delle cuffione con musica metal a tutto volume significa "Non rompermi le palle, sono un'antisociale di merda e odio tutti" e cercano di calpestarmi i piedi ogni due secondi chiedendomi se il bus/il treno/la madonna sono passati).
Errore mio: non le ho tolte, ma in genere non serve.
Passa quindi il controllore e io cerco di aprire l'app.
Cerco.
Attendo.
A un certo punto vedo che muove la bocca: mi levo le cuffie e attacca così: "Certo, se io le parlo e lei ha le cuffie è ovvio che non mi sente. Ce l'ha o no questo biglietto?"
Quasi partito l'embolo.
"Certo, le indicavo lo schermo del cellulare per dirle di attendere un attimo che l'app si stava avviando"
"Eh certo ma se uno le parla e lei ha le cuffie!"

Bene, così mi sento anche in torto.

Procedo nel mio viaggio, arrivo a Milano Nord Cadorna e vado per prendere la metro. Peccato che sulla app non si possano prendere i biglietti per Gessate che è già fuori Milano. Così vado in tabaccheria e chiedo se è possibile fare da lì già i biglietti per Trezzo sull'Adda.
Controlla.
Non sa.
Mi dice che forse è meglio fare prima il biglietto per Gessate e poi lì fare quello per Trezzo sull'Adda.

Conto: 1, 2, 3
"Sa magari le do il biglietto sbagliato"
20, 21, 22..

Scendo in metro e la metro per Gessate passa dopo circa 10 minuti. Non so quantificare il tempo impiegato per il tragitto, invece.

Mi tocca quindi fare il biglietto per Trezzo sull'Adda e andare alla fermata. Il mio amato cellulare intanto è già al 60% di batteria.

Ovviamente so il nome della fermata a cui scendere ma non so dov'è, così dopo un tempo ragionevole chiedo all'autista dove posso scendere per la fermata Biffi.
"È la prossima!" risponde lui secco.
Dato che dopo 5 minuti o forse meno si ferma, chiedo conferma della cosa. "È questa?"
E lui "Ma se le ho detto che è la prossima! Non questa, la prossima!"

1, 2, 3...
Da che mondo e mondo per me "la prossima fermata" è quella che sta arrivando (e per capire se sono io che sto impazzendo ho chiesto conferma a tutti di questa cosa e sì, sono ancora quasi sana di mente).
"Dove sta andando?"
Gli spiego.
"Ah che bello, ma di dov'è lei?"
"Di Como"
"Ah bhe carina Como, però sono molto chiusi perché blabla io ogni tanto vado a Milano che blabla sono più aperti, blabla invece in queste cittadine, blabla per esempio lei coi capelli così blabla la guardano male invece a Milano nessuno ci bada blablabla"
"Mi scusi devo scendere"
"Sìsì, conti che c'è ancora un quarto d'ora buono di cammino da qui"

Detto che mi stava dando le indicazioni sbagliate ci ho comunque messo mezz'ora passando in strade non asfaltate, su ponticini di legno sopra fiumi, in mezzo a sentierini quasi di bosco alberati. L'umidità era talmente alta che presto i miei capelli sono diventati un nido arruffato per moscerini morti e le zanzare mi hanno sbranata.

Finalmente arrivo ed è un po' una delusione. A parte che i villaggi operai mi mettono tristezza (evviva! Il "padrone" di lavoro ti costruisce una casa accanto alla fabbrica così sarai schiavo per sempre, e felice di esserlo!) questo non è particolarmente bello. La fabbrica centrale è chiusa, alcuni edifici abbandonati. Le case non hanno un'architettura particolare e ci sono anche scolaresche in gita che mi impediscono alcune inquadrature.
Vado in quello che, sul loro sito, è indicato come il punto da cui iniziare la visita. Una sorta di centro turistico di accoglienza.

Appena arrivata trovo delle mappe della zone sparpagliati sul bancone e chiedo "Posso prenderne una?"
"Sì certo, sono 50 centesimi"
Mappe a pagamento? Alla fine me la regala.

Scopro che c'è un cimitero e il mio cervello comincia a calcolare quanto tempo mi ci vorrà a tornare a casa e in che ora devo fuggire da quel luogo per essere a casa a un orario decente.
Insomma giornata pessima, foto orribili, tempo indecente. Se non altro sono andata in giro che, sapete, per me chi si ferma è perduto.
Torno a casa alle 19.30 pensando che se voglio fare delle foto che spieghino la bellezza del patrimonio Unesco in Lombardia è bene che mi faccia venire in mente qualcosa perché finora il risultato è pessimo.
Così pessimo che nemmeno io ci vorrei andare!

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