27 dicembre 2015

7/10/2015: Famadihana, ma forse no: forse ho un crampo!

Sveglia alle 7: Gaby arriverà alle 9.30 per assistere al Famadihana. Mi sono dimenticata di dire che Gaby ci aveva procurato delle sim malgasce e che quindi ogni tanto, solo quando la rete prende e solo per pochi mega e non su facebook (scopriremo solo quasi alla fine del soggiorno come sbloccarlo) siamo connessi con il mondo.
Una zanzara ha punto Fry e siamo andati un po' in paranoia, ben presto però ci renderemo conto che non sarà l'unica puntura ma che comunque è abbastanza rara in città la malaria. Da una parte poi c'è anche il fatto che Fry non vorrebbe partecipare al Famadihana ma io ci tengo moltissimo, penso che sia una delle antiche tradizioni che vale la pena vedere, anche perché non porta in sé la tristezza dei nostri funerali, ma la gioia e il rispetto di poter comunicare ancora con gli antenati.

Ieri a cena Gaby ci aveva proposto di andare al Famadihana in bici, sarebbero stati 40 minuti di tragitto ma non sapendo io andare in bici (so di averlo messo in difficoltà perché lui fa fatica a guidare) andremo con la 4x4.


La 4x4 che ci ha tenuto compagnia per tutto il viaggio
Alle 9.30 come sempre puntualissimo, Gaby ci ha presentato il nostro autista e la nostra guida per quella mattina. L'autista si chiama Mami, ha 33 anni ed è già nonno. Non parla né inglese né italiano ma è davvero un treno. Guida per un sacco di ore di fila senza battere ciglio.
La nostra guida si chiama Eric, ha 32 anni e parla inglese e un po' di italiano (che ha imparato da Gaby). In più con noi c'è Andry, un autista di pousse pousse la cui grande nonna è la spoglia che riesumeranno per il famadihana. Con noi anche tante banane, formaggio e pane per mangiare al Famadihana (ed è un bene, con tutta la fatica che un malgascio fa per sfamare la famiglia durante un Famadihana, non possono essere dei Vazaha a rubare il cibo).
Eric è della tribù dei Betsileo, infatti ha i tratti somatici africani a differenza dei Merina che hanno tratti filippini.
Cominciamo ad andare verso la campagna attraversando praticamente zone deserte, villaggi minuscoli, sempre meno macchine. I bambini vanno a scuola a piedi e percorrono chilometri, spesso però a scuola non ci vanno e ho visto bambini molto piccoli tenere a bada mandrie di zebù.
La strada è lunga e sia a me che a Fry pare ovvio che non ci avremmo messo mai e poi mai solo 40 minuti in bici.
Lungo il tragitto Eric e Andry si fermano a comprare qualcosa (non sapremo mai cosa) da regalare alla famiglia del Famadihana ma quando cerchiamo di ripartire il furgone non va più. COsì tutti tranne me (Fry compreso) si mettono a spingerlo. Questo sarà l'iprevisto più frequente nel nostro viaggio e per fortuna Mami non è solo un autista ma anche un abile meccanico.
Ad un certo punto, nel nulla, svoltiamo a destra (vedo solo campagna e terra rossa); Andry scende a chiedere informazioni e apprende che la cerimonia  è stata spostata al 21 ottobre, quindi non potremo parteciparvi. E' seriamente dispiaciuto e per tutta la giornata non fa che scusarsi, ma per noi è un'ottima occasione di riposarci.

Tornando verso Antsirabe salutiamo dei bambini dall'interno della macchina. Fuggono via spaventati gridando "VAZAHA", correndo a nascondersi. Solo una volta al sicuro ci salutano timidamente con la mano. Eric ci dice che molti genitori raccontano ai bambini che l'uomo bianco è come il diavolo: da una parte questo li tiene lontani dall'elemosinare ai turisti, dall'altra... come dargli torto? I francesi in Madagascar hanno preso ciò che hanno potuto e li hanno lasciati nella miseria, imponendo religione, lingua e cultura. Non li posso biasimare.

Ci fermiamo al lago Andraikiba che se non ricordo male, significa "Oh mio Dio, ho un crampo!". La leggenda, presa da un link di cui sopra, dice che Andraikiba nascerebbe da un grido di una donna incinta annegata durante una gara di nuoto contro la sua rivale. Si narra che questa gara fosse stata organizzata dallo stesso marito. Eric ci dice invece che un feudatario doveva scegliere tra due donne, una delle quali incinta. Le invita quindi ad attraversare il lago da sponda a sponda e che la donna incinta, arrivata all'altra sponda, esclamò proprio "Oh mio Dio ho un crampo".



Lì accanto dei ragazzini giocano a lanciare degli elastici per terra, cercando di avvicinarsi il più possibile a un quadrato disegnato per terra. Chi più si avvicina vince un elastico degli altri giocatori.

I bambini si fanno fotografare volentieri e si distraggono momentaneamente dai giochi.

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il lago
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Fry che discute con Eric sulle origini del lago


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Ragazzini che giocano con gli elastici

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Questa bambina è di una bellezza disarmante
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Questi ultimi due bambini dopo essersi fatti fotografare hanno messo le mani a cucchiaio sperando che gli dessimo qualcosa. Dopo un mio modesto regalo (un fazzolettino con una mucca disegnata, ben presto finita a brandelli) ci siamo accordati con Eric per dare loro 5000 Ariary. Eric si è assicurato che li dividessero tra loro. Ci ha spiegato che è sempre e comunque meglio non dare loro soldi perché magari non finiscono in cose di cui hanno realmente bisogno. Erano molto contenti di rivedersi nelle foto e posavano volentieri.

Sulle rive del lago, sotto dei portici, c'è un piccolo mercato con prodotti artigianali locali. io avrei comprato tutto ma non abbiamo potuto. Eric era interessato a una borsa così gliel'abbiamo regalata.
E' stato uno strazio, volevano tutti gli comprassimo qualcosa ed è stato realmente difficile dire di no.

Infine siamo stati ad Antsirabe dove ci hanno mostrato come lavorano le corna di zebù.
Alla fine della dimostrazione ci hanno mostrato gli oggetti in vendita ma alla fine Fry ha voluto acquistare quello che stavano modellando durante la dimostrazione anche se non era rifinito. Ci siamo accordati per prendere quello e un bracialetto per me.

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il prodotto non finito che alla fine abbiamo comprato
Ci fermiamo quindi a fare un picnic in una zona dove ci siamo solo noi, un fiumiciattolo e degli zebù (con i bambini che li portano a brucare).

uno dei posti nel nulla dove abbiamo sostato mentre andavamo al Famadihana



pic nic.. più pace di così!


Il relax è stato essenziale per ricaricarci. Sembra assurdo perché alla fine abbiamo visto un solo parco ma i viaggi in Madagascar, anche se brevi, sono estenuanti. Si procede lentissimi, ci sono buche (leggere: crateri) ovunque: le strade sono impiegate da poche macchine e tanti zebù liberi o che trainano carretti, o persone che portano sulle spalle o sulla testa qualsiasi cosa, o bambini che gettano sabbia nelle buche facendo finta di ripararle per elemosinare qualcosa. In Madagascar nessuno sta con le mani in mano.

Il resto della giornata abbiamo fatto i classici turisti, siamo andati a vedere come tessono delle decorazioni su tela (che abbiamo poi acquistato) e come fanno i modellini di taxi brousse e pousse pousse a mano.



un artigiano ci mostra come fa i modellini partendo da materiali riciclati

in viaggio


Infine abbiamo passeggiato per via indipendenza ad Antsirabe. Inutile dire che le strade non hanno semafori e bisogna fare attensione ai risciò e ai pousse pousse che invadono le strade.

Vicino alla stazione in disuso di Antsirabe c'è una stele su cui sono riportate le 18 tribù malgasce e la scultura stilizzata di una testa di zebù con su scritto l'anno in cui il Madagascar è diventato indipendente, ovvero il 1960.

Per coronare questa giornata perfetta siamo andati a berci una birra.

Ci raggiunge anche Gaby che si è fatto medicare la mano, beve una gazosa con noi e porta via la macchina insieme a Mami, in modo che possano ripararla.

Il pomeriggio si conclude in una discussione con un grosso svizzero francese che ha sposato una malgascia e si lamenta di come viene trattato. Certo, è vero, ma lui non fa nulla per integrarsi. Non parla nemmeno malgascio!

E come dice Eric, non puoi parlare malgascio finché non bevi la loro acqua.

Ci congediamo presto, questa sera ceniamo con Gaby e la sua famiglia.

Tutte le foto della giornata.

La playlist della vacanza da qui in poi sarà sempre la stessa, ecco un pezzo che mi è rimasto impresso. Il cantante è una sorta di attivista, "canta" cose scomode e viene imprigionato per qualche mese, dopo ogni suo intervento. Il pezzo è sempre uguale ma ogni anno cambiano le parole in base al politico che prende di mira.


SARERAKA - Meditation 2011

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