18 ottobre 2012

Londra - 4° giorno: bye bye

4/10/2012



Sarà difficile mettere insieme dei ricordi, non ho scritto il diario dell'ultimo giorno quindi scriverò un paio di cose, quelle che ricordo.
Ricordo che siamo andati a comprare una scatola di 6 ciambelle vicino Piccadilly Circus e ne siamo rimasti nauseati, ricordo che la commessa non sapeva cosa fosse una pera (quando abbiamo chiesto del succo di pera) e che la sua amica che era lì con lei ha dovuto disegnargliela. Poi siamo andati ad Hyde Park a salutare gli scoiattoli e a Portobello Road dove c'era un mercatino bellissimo (anche qui una bancarella con macchina analogiche e una serie infinita di obiettivi che costavano l'uno 15£ - avessi avuto i soldi mi sarei fatta una scorpacciata).



Siamo tornati poi verso Carnaby Street dove abbiamo fatto pranzo (ma era più un brunch) con un hamburger hawaiano (sul serio). Abbiamo mangiato bene, l'hamburger era spettacolare, e abbiamo speso il giusto.
Ma è tardi, andiamo a al Tate Modern.



Il Tate Modern è gratuito, e dentro ha il mondo. Picasso, Bacon, Dalì, De Chirico.
E si possono fare fotografie. Incredibile!
La struttura è stupenda, è ricavata da una vecchia centrale termoelettrica. E lo spazio è immenso.



La musica elettronica è stata gentilmente offerta da un artista di strada.
All'interno, invece, sembrava esserci un flash mob ma dato il luogo poteva anche trattarsi di una installazione artistica o una scuola di teatro. O qualcosa del genere.


Vi lascio con qualche foto degli interni.







Fry contempla un'opera d'arte

Fry sempre più dubbioso




Il Tate è qualcosa di grandioso. Bellissimo e coinvolgente. Ho visitato tanti musei ma quelli di Londra sono stati meravigliosi. Per il numero e la qualità delle opere d'arte. Per la pulizia e la cortesia. Per il coinvolgimento. Per la struttura in cui le opere sono state accolte.

E, ricordiamocelo, la gratuità. La mappa del Tate costa una sterlina, sì, ma non c'è una cassa per pagare. C'è una cassettina delle offerte e nessuno guarda cosa metti dentro.
Questo sistema basato sulla fiducia qui non funzionerebbe.

Le foto sono finite ma la giornata non è terminata.
Attraversiamo a piedi il Millenium Bridge per andare a guardare la St. Paul Cathedral, ma solo dall'esterno. Questa si paga.

Comincia a fare freddino e a esser tardi e ci appropinquiamo all'albergo. Dobbiamo alzarci alle 2.30 per prendere il bus per l'aeroporto alle 3. Abbiamo l'aero alle 7.15 e non ci sono altri bus che ci porteranno.

Così lasciamo Londra, di notte, alla chetichella. Un viaggio silenzioso.
Per un attimo ripenso a quando abbiamo preso, solo pochi giorni prima, il bus per andare nel senso opposto e la prima cosa che avevo visto, su un prato accanto all'autostrada, era un bellissimo coniglietto.

Londra mi mancherà, è una città stupenda. Pensavo che forse non è così impossibile andarci ad abitare ma tutta quella gente... No, a Londra tornerò da turista, per vedere quelle cose che non sono riuscita a vedere, perché è bella da camminare, per il "Sorry" che gli inglesi si dicono in continuazione, per il "Mind the gap" ripetuto fino alla nausea nella metro, per quegli odori speziati respirati agli angoli delle strade.
Dublino, invece, vorrei tanto abitarti, anche se sogno sempre Berlino. Ma c'è lo scoglio della lingua. Che poi si fa tutto. Penso ai nostri nonni, magari contadini che a malapena sapevano parlare un italiano corretto, e che sbarcati in America hanno dovuto imparare tutto da zero. E noi invece, con questo popò di laurea o diploma che abbiamo paura. Ma paura di cosa ormai?

Ieri ho letto un commento di una persona che scriveva su facebook.
Aveva chiesto a un'amica che viveva molto lontana dalla sua famiglia come faceva, e se non le mancava. E questa aveva risposto che non era mica italiana, non doveva per forza pranzare ogni domenica con la mamma. La verità è che abbiamo paura di rischiare, non ci buttiamo più in niente. Sogniamo il posto fisso e lì rimaniamo, ad ammuffire giorno per giorno sperando che un ictus ci prendi proprio in quel momento in cui ci siamo depilate le gambe, o che una morte nel sonno ci dia un po' di dignità. Lasciamo la nostra testa ad annullarsi in cose ripetitive che ci danno sicurezza perché abbiamo paura.

Mohammed, un mio grande amico, mi disse (riferendosi alla storia del possibile trasferimento a Dublino) che abbiamo sempre tanta paura ma poi alla fine quando ci buttiamo capiamo che la paura che avevamo non serviva a niente, che se vogliamo possiamo farlo.

Lascio Londra con la speranza di rivederla. Magari da più vicino, magari da Dublino, magari da Berlino. Ma sono stanca di qua. Sono stanca del belpaese. L'arte, il rinascimento, i romani.

Verrò ad ammirarla in vacanza, come si ammira un bel quadro.

E anche se questo lavoro non dovesse andare a buon fine, qualcosa si è mosso.

Canzone del giorno: Sympathy for the Devil The Rolling Stones


Nessun commento: