08 luglio 2012

Pure i miei sogni

Lo devo dire: il mio lavoro non mi piace. Ci vado con quel senso di angoscia, sto male a pensare di passare un'altra giornata così. 8 ore al telefono, con quella pausa lunghissima che però col bus si accorcia, uscire tardi, tornare a casa tardi, non avere tempo per me, per noi. Sentire che una giornata è finita e un'altra sta per cominciare, senza sosta. Il lavoro che mi mangia il tempo, quello che ho sempre evitato e detestato, il lavoro che mi mangia la vita e gli affetti, il lavoro che regola il battito del mio cuore e la mia ansia.
Martedì pomeriggio sono stata male. Mi sentivo debolissima, avevo un po' i lucciconi, quella sensazione brutta di debolezza alle gambe, testa confusa e annebbiata. Nausea.
Mi sono detta che forse era un po' di stanchezza, dovuta a questi ritmi in cui io non esisto più, che forse con una bella dormita tutto sarebbe passato.
Così torno a casa, anche Fry sta male e difatti nella notte ha un attacco di panico. Al mattino successivo la mia situazione è peggiorata: mi sento debolissima, non riesco a reggermi in piedi. Prendo un integratore ma la cosa non migliora. Così dico alla mia responsabile che non sarei andata al lavoro perché non stavo bene e che le avrei fatto sapere quanti giorni mi avrebbe dato il medico.

Con due facce che nemmeno i condannati a morte hanno, io e Fry ci siamo presentati dal dottore per chiedere un paio di giorni. Lui per attacchi di panico e io (cito testualmente) per stato astenico.
Ma il dottore non era molto convinto che io stessi male, e notavo il sorrisino sotto i baffi che non ha, quelle rughe del giudizio.
Vorrei che facessi tu, mio caro dottore, il mio lavoro. Tu guardi un po' di vecchietti al giorno che chiedono ricette per le stesse cose. Sono gli stessi vecchietti che tratti male perché pensi che non capiscano le tue indicazioni.
Provaci tu a stare nel mio alveare, con l'ape regina che osserva con quell'espressione cupa e in posizione strategica, nell'angolo dove tiene il suo alveare sotto stretto controllo.
Provaci a tu a sognare di chiedere una mattina di permesso (cosa che devo fare perché martedì mattina andiamo a ritirare la macchina) e sentirti dire "Assolutamente no, non ti devi schiodare da qui". Questo lavoro mi sta rubando anche i miei sogni.
Venerdì mattina sono tornata al lavoro. Giovedì ero già rinata ma venerdì mattina al pensiero di dover tornare lì ho di nuovo sentito la stessa stanchezza. Una mia collega, la collega tatuata, nuova di zecca, sta cercando altro. Non le piace per niente.

Un ragazzo che è stato preso lunedì in sostituzione di un altro (che non ha accettato il rinnovo) anche lui non si trova bene. Ma, come me, lo fa perché non ha altro.
Guardo gli annunci e non trovo niente per me. Non perché sono difficile, ma perché cercano competenze diverse. La verità è che non so fare nulla. E spero di non essere destinata a fare questo per tutta la vita.

Se sono lamentona? Sì, per una volta sì. Non mi sono mai lamentata di niente, ho fatto sempre tanti lavori e tutti diversi e facevo ogni cosa mi venisse chiesta. Persino lavorare allo sportello al pubblico è stato meno pesante. Non trovo nessun umorismo, nessuno sbocco in quello che faccio qui. Persone che lavorano lì da 6 anni e fanno sempre la stessa cosa. Mi chiedo come abbiano fatto.

Che poi nonostante le premesse, con i miei colleghi mi trovo molto bene. Sono gentili e disponibili e con me hanno tanta tanta pazienza. Un mio collega ieri mi ha riaccompagnata a casa, c'era sciopero dei bus, mi è bastato un cenno e mi ha detto di sì. La ragazza che lavora dietro di me è dolcissima ed è molto simpatica.
E ora ho il patema di chiedere questa mezza giornata. Sono sotto ricatto del contratto a termine e sono l'unica che è stata in mutua due giorni e ha preso un'altra mezza giornata di permesso per andare dal medico. Sì lo so, sono stata male. Ma il male non fisico non viene preso in considerazione in questa società dove l'unico motivo per assentarti dalla tua comodissima sedia con rotelle e la tua lindissima scrivania è una febbre a 40°. E sei un po' più sfortunato, qualcosa di più grave.

I miei capelli sono diventati finalmente bianchi. Il trucco? Tanta pazienza.






Canzone del giorno: L'eccezione Carmen Consoli

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