15 maggio 2012

Ieri ho scritto a un mio professore (IL mio professore, quello che mi diceva che la matematica è dappertutto, che i disegni in natura si possono spiegare con formule matematiche, che mi aveva preso sotto la sua ala e mi difendeva alle riunioni con gli altri prof che dicevano che ero una buona a nulla fancazzista). Sicuramente ne ho già parlato, ogni tanto ci mandiamo qualche email. Ho saputo che era stato al funerale e volevo sapere come stava.
Non ci ha messo molto a rispondere ed era molto triste, gli mancano i colleghi della mia vecchia scuola (ora insegna in un liceo), mi ha chiesto come sto e se sono a Torino possiamo prenderci una birra.
Spero di riuscire a vederlo quando salgo, mi ero molto affezionata a lui perché era riuscito a vedere un potenziale che gli altri non avevano nemmeno intuito. Ma anche perché mi voleva bene.
Così anche stamattina mi sono svegliata con un paio di lacrimucce e mi sono seduta sul letto per capire come mai ci sono rimasta così male. Razionalmente parlando è una persona che non vedo da quando ho finito le superiori, anche se mi piaceva come persona. E' vero che gli volevo bene, gli volevamo tutti bene perché era impossibile non intuire la sua bontà d'animo e la sua passione nel lavoro che faceva.
E ho capito che ho quella mezza questione con me stessa non risolta, ovvero la morte di mio padre. Ho trovato molte analogie con questa e quell'altra morte.
Entrambi fumatori accaniti (probabilmente è stato il fumo la causa della morte di entrambi), con entrambi non ho saputo/intuito quanto vicina fosse la fine, non ero presente quando dovevo esserlo (quando mio padre stava male/al funerale del mio prof). Era come se andando a questo funerale espiassi una colpa, *il peccato originale*, il fatto che quando mio padre era stato ricoverato, quando ho ricevuto il messaggio "Siamo al Giovanni Bosco, papà è grave, aspettiamo che ci dicano qualcosa" (il fatto che io lo ricordi ancora a memoria è abbastanza illuminante) ero con i miei amici. Ero con RagnoB e prima di quel messaggio erano successe delle cose. Il mio fidanzato di quei tempi mi aveva chiamato per dirmi che stava arrivando (era a Milano) e non capivo perché questa fretta. Era successo che mio padre era stato male, mia mamma aveva chiamato il 118 e bussato ai vicini di casa (la sua vicina è infermiera), avevano avvertito mia sorella ma nessuno aveva chiamato me. Il mio vicino aveva chiamato il mio fidanzato  - perché voleva chiamarmi ma aveva sbagliato numero - , che poi mi aveva chiamata per dirmi che stava arrivando, e solo quando erano all'ospedale ho ricevuto il messaggio.
Lo so cosa state pensando, che non è colpa mia.

E' troppo facile pensarlo, è facile dirlo, ma è come se questa nuova morte mi avesse fatto capire di non avere risolto delle cose importanti. L'ultima cosa che mi ha detto mio padre è stata "Che ne sai? Tu non c'eri", riferito a quando è stato male qualche settimana prima di morire. E in effetti non c'ero, mia mamma mi aveva detto che era stato male ma io ho evitato di andare e l'ho fatto apposta. Non per vendetta per qualcosa, non sapevo cosa avrei visto, forse non stavo accettando la realtà delle cose. E forse sapevo benissimo cosa stava accadendo.

E Guido, ora, è come se avesse riacceso questi interruttori.

Credo che dal mio primo vero stipendio in poi cercherò di ritagliarmi del tempo per una psicologa. Non so se è una cosa che posso affrontare e risolvere da sola, perché sono ormai 12 anni che la porto dietro.

Chiedo scusa per gli eventuali errori, ma non ho riletto.

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