30 giugno 2006

Malleus Maleficarum

La dottoressa, da cui ho ormai fatto l'abbonamento dato che nell'ultimo periodo sono più nel suo studio che a casa mia, ha sentenziato: "Questo neo è da togliere". Ma come? ho pensato. Il mio neo di famiglia. Il neo sporgente a metà schiena che possediamo io, mia sorella e mia cugina e ci fa sentire un po' come il trio delle streghe Halliwell. Quello che nel medioevo sarebbe stato tradotto come il marchio della strega. Caspita, un po' mi spiace toglierlo. La dottoressa ha detto che si è staccato un pezzo e rischia di irritarsi di nuovo e per evitare qualsiasi complicazione, zac e via. "Laser?" dico io. "No, bisturi" dice lei, mimando il gesto.
Ma non c'è fretta, dice lei, si può fare anche a Ottobre. Mi assicura che qui, all'ospedale Gradenigo, c'è la migliore equìpe di dermatologi. Devo solo mettere una pomatina perché guarisca meglio.
Oggi pomeriggio forse faccio un salto all'ospedale per prenotare questa visita "dermo-oncologica". Non so voi ma a me tutte le cose che contengono "onco" mi fanno cagare addosso.
Oppure magari faccio un passeggio in centro, devo comprare il regalo alla mia nipotina che il 3 luglio compirà ben 2 anni.
Anzi scusate, oggi pomeriggio passeggio una sega. Mia sorella vuole fare delle ricerche su internet e non sa assolutamente usare il computer. Evviva evviva.
E ora ho anche fame, quindi vado a ubriacarmi di cibo così non penso. Non penso ad esempio che vorrei essere davvero in tutt'altro posto.

29 giugno 2006

Ho un lavoro!

Comincerò ad agosto. Devo dire che è un lavoro molto impegnativo, molto frenetico. Ma sono contenta. Davvero non mi manca nulla.

28 giugno 2006

Roccio e Roccia

Questa volta sì, vederlo andare via è stato faticoso. Il treno lentamente si allontanava fino a scomparire dalla mia vista. Così mi sono guardata attorno ed ero rimasta sola sulla banchina. Altri spettatori di addii erano già scappati e si avviavano velocemente verso l'uscita. Io, a passo lento e con occhi lucidi, intanto pensavo.

Il viaggio verso Firenze è cominciato bene. Sono scesa con degli shorts addosso, e qualche maniaco alle calcagna. Non importa. Quella sensazione di avere già tutto e di non poter essere tristi perché nulla manca è difficile da spiegare.
La stazione di Firenze Rifredi ora comincia a essermi familiare.
Gli abbracci in stazione sempre più lunghi. Gli sguardi sempre più profondi. Una discesa libera di emozioni, ecco.
La prima stuzzichevole avventura è quella con l'albergo. A Firenze Firenze, l'albergo meno caro costa comunque tanto. Ne ho trovato uno che costa meno di tanto. Sempre molto, ma non tanto. Immaginavo fosse una bettola, ma la visione della stanza è decisiva per scappare via a gambe levate. Abbiamo dovuto comunque pagare per la notte, ovviamente. Non è importante, per le successive due notti una sistemazione c'è e decidiamo di sfruttarla. La sera ci incontriamo, dopo una pizza, con due amici. Passeggiata nella piazza con la scultura che è un inno alla cagata. Lo spettacolo più bello è stato la sera dopo. Ogni San Giovanni a Firenze ci sono i "fochi", i fuochi d'artificio. Ogni San Giovanni in molte città italiane ci sono i fuochi, anche se tutti credono di avere la prerogativa (quando a casa ho detto che lì si festeggia mia mamma ha sbottato "ma san Giovanni non si festeggia solo qui?").
Noi però siamo andati su Piazzale Michelangelo a guardarli, esattamente dove li sparano. Tra un tizzone ardente e un altro, un timpano caduto giù e un buffo di ceneri sulla testa. È forse questa la felicità: un sorriso sporco di cenere e il ricordo del rumore degli spari ancora nelle orecchie. Un abbraccio illuminati a giorno sotto un cielo splendente e colorato. O forse sentirsi chiamare da Stephen per la prima volta "la ragazza di". Fu così che realizzai di essere "la ragazza di".
Ma la felicità può anche essere solo un sincero sorriso tra persone che desideravano conoscersi e finalmente ce la fanno. Un sorriso tra Carla e Francesca, ragazza semplice e spontanea, allegra e viva. Francesca è la ragazza di.
La felicità può anche essere nascosta in una semplice serata sdraiati in Piazza Pitti a godere della luce di un paio di stelle, molto vicine e luminose. O il sapore di una granita al medicinale scaduto. O in una ventina di foto stupide fatte a caso.
Fatto sta che fa molto caldo. Molto, troppo umido.
La sera dopo decidiamo di proseguire oltre piazza Pitti e andiamo in piazza Salcazzo. Scusate, non ricordo il nome. La si potrebbe chiamare la piazza alternativa di Firenze. Musica dal vivo e ragazzoni con i dred spaparanzati sui gradini di una chiesa, di cui ovviamente non ricordo il nome. Cani che fanno pipì un po' ovunque, e noi con la nostra bottigliona d'acqua a gavettonarci per il caldo. Grey il mimo che vedo per la prima volta in veste da non-mimo. E noi che continuiamo a darci acqua addosso. Ottima, davvero ottima scelta quella di non indossare il reggiseno stasera. La verità è che un neo famoso ha deciso di abbandonarmi sgretolandosi sul pavimento di piazza Pitti e ha sanguinato per una notte intera. Per evitare di stuzzicarlo col reggiseno ho pensato bene di non metterlo. Nella serata giusta, ovviamente. Vi salutano i miei capezzoli che han trovato lavoro come attaccapanni in una discoteca.
Il giorno dopo il ritrovo è alle 10 con un collega di Roccio e la relativa "ragazza di" per salire su a Torino. Stephen non viene, non se la sente. Non si fanno troppe domande, è bello sapere che qualcuno fa ancora ciò che si sente di fare. Penso sarebbe stato peggio fosse venuto solo per fare un piacere mentre la sua mente era altrove. Placebo, sarete nostri.
Il viaggio dura circa 5 ore, e ci regala all'arrivo il tiramisù di mia mamma e Birba che abbaia. Nonché un assaggio di camaleonti e piante. I nostri compagni di viaggio decidono di andare in albergo, ci si ritrova dopo per un veloce giro in centro e poi il concerto.
La reazione che ha chi viene da fuori e non l'ha mai vista è sempre la stessa "Quanto è verde Torino!". Sì, anche con la nomea di città grigia invece lei è sempre molto verde.
Il passeggio che riusciamo a fare è Piazza Castello, via Po, Mole Antonelliana (dove, salendo, abbiamo tutti l'opportunità di vedere Torino dall'alto), locale del mio amico, dove prepariamo al volo due panini da portarci via, e di corsa alla macchina. Io con l'ansia e la paura di non trovare parcheggio. Daniela col terrore di non arrivare abbastanza presto da permetterci un appostamento favorevole alla visione dei Placebo. In verità quando arriviamo il parcheggio è semivuoto. Nell'area del concerto sono ancora tutti seduti che smangiucchiano qualcosa e ne approfittiamo anche noi. Pipì nelle ex caldaie del manicomio (ricordiamo che il concerto si è tenuto nel giardino davanti all'ex manicomio di Collegno, alle porta di Torino. Posto suggestivo e inquietante, direi) e Silvia che arriva anche lei a fare casino.
Devo dirlo, mi sono divertita davvero tanto, pur non conoscendo i Placebo. Roccio urlava "BVAIAN", una specie di Brian ma con la erre moscia. Io e Silvia ballavamo come disperate. Daniela che era entrata in crisi mistica e cantava ogni canzone. Marco la accompagnava a tratti. Frase della serata by Roccio "Il bassista è l'unico uomo che si vede dalla muraglia cinese".
Torniamo a casa alle 3 passate, stanchi e felici. Dopo aver bevuto una media e mangiucchiato pizza e aver sentito la fresca brezza estiva che ci ha fatto ricordare quanto è bella l'estate.
Ed eccomi qui, ora, a camminare fuori da Torino Porta Nuova. Pensando ad oggi, alla passeggiata, al panino, agli sguardi, alle risate, con gli occhi lucidi e una mano stretta in ricordo di una persona che, in ogni caso, c'è sempre.
La felicità, ditemi ora, se non è tutto questo? Come posso lamentarmi di ciò che non ho? Ora io ho davvero tutto.

Canzone del giorno, ovviamente: Protege moi Placebo. Quella che non hanno cantato al concerto e che a me piace tanto.

Ci sono tante altre cose che vorrei scrivere. Ma sono afona e ho difficoltà non solo a parlare. Come se alcune cose fossero talmente preziose che vorrei tenerle per me. Domani ho un colloquio: incrociate le dita e speranzosi tifate per me. Che di amici, mi disse un giorno qualcuno, ce n'è sempre un gran bisogno.

23 giugno 2006

Nope

Il colloquio di ieri è andato benissimo per me. Un po' meno bene per la mia interlocutrice. Non ho accettato (cori di rimprovero si levano al cielo). Il problema è insito in ciò che voglio fare davvero, e cioè non lo so ancora. Se volessi fare la fotografa quello sarebbe un lavoro perfetto. Hai la possibilità di imparare molto, moltissimo. Però è una gavetta che tu fai per aspirare a qualcos'altro. Chessò, diventare fotografa professionista.
Lavorare dal mattino fino alla sera, cercando non solo di fotografare al meglio ma anche di vendere le tue foto, per 500 euro al mese.. Sì, d'accordo, hai vitto e alloggio gratis, ma non sei in vacanza. Si lavora, e si lavora davvero duro. Mi è dispiaciuto uscire di lì con mille e mille dubbi. Lavorare in un call center rende di più, lavori meno, e stai anche seduta..
Per consolarmi sono andata a comprare un paio di scarpe (ovviamente da ginnastica) nuove.
Ho un'altra proposta lavorativa sicuramente più allettante e la prossima settimana sarà decisiva in questo.

Inoltre ieri sera il mal di schiena era talmente forte che non riuscivo nemmeno a stare sdraiata e immobile. Ogni due o tre secondi partiva una fitta fortissima e non riuscivo a capire nemmeno dove. Bloccata. Incredibile.
Stamani sto meglio e parto. Sarei partita anche bloccata. In stazione passo in farmacia a chiedere se hanno qualcosa di molto forte contro il mal di schiena. E poi, dritta a casa mia.

Ci si riscrive mercoledì.

22 giugno 2006

Istituto di Igiene Mentale

Geniale. Lo hanno fatto apposta per me, lo so. Mancano i borderline. Ma mi accontento.

Canzone del giorno: Walk This Way Aerosmith

21 giugno 2006

Gastrite

Il medico, bloccato sotto casa con uno sgambetto audace, sentenzia: Gastrite.
Giustamente, come dice Minchietta Uno, sembra un lazzareto. Lei con il dente del giudizio che la fa dannare. Io con gastrite e mal di schiena che oggi ha dato il meglio di sè. Tant'è che avevo assunto una camminata alla John Travolta, non per farmi figa, ma perché in altro modo non riuscivo a camminare.
Ci sono un paio di notizie positive, però. La prima è che dopodomani parto (in barba al mondo) di nuovo per Firenze e starò lì fino a martedì, quando i nostri avventurieri saliranno tutti insieme a Torino per gustarsi i Placebo. E spero che di effetto placebo si tratti, almeno per la schiena che la gastrite la sto curando con enormi pilloloni bianchi al sapore di amarena. La seconda bella notizia è che domani ho un colloquio. Come fotografa per i villaggi turistici. Devo portare dei miei scatti e penserò bene di portare quelli del TorinoPride. Sono venuti bene e la tizia al telefono ha detto che è perfetto. Che vuole vedere scatti di persone, non panorami e paesaggi. Quindi stasera, dopo aver fatto ginnastica per la schiena, mi metterò a centellinare foto su foto per vedere cosa posso salvare. Poco o nulla dato che le mie foto sono tutte sfuocate o mosse. Magari quelle due o tre che si salvano..
Comunque, se gli piaccio, proverò questo nuovo lavoro. È come se stessi procedendo a zig-zag per cercare il lavoro che mi piace. Come quelle dannate scatole enormi di cioccolatini. Devi assaggiarne un po' prima di trovare il cioccolatino che ti piace.

20 giugno 2006

Il motivo di questa scelta

Qualcuno mi chiede come faccio a trovare sempre qualcosa da scrivere. Non so. Forse sono le cose che devo scrivere che vengono da me. Un po' come Maometto e la montagna.
Oggi decido di buona lena di andare a prenotare l'albergo per amici di amici (e quindi amici) fiorentini che vengono a vedere il concerto dei Placebo, il 27 di codesto mese, a Collegno, ridente (ma nemmeno troppo) cittadina alle porte di Torino.
Salgo in macchinina e cerco questo posto. Mi pareva carino perché situato in via trento trentacinque, quasi uno scioglilingua. Vi avviso che sto scrivendo un libro: "100 motivi che vi portano a scegliere un albergo". Sono già a buon punto.
Arrivata lì mi rendo conto che la strada è privata, non posso accedere, e parcheggio nella stradina adiacente. Imbocco questa straduccia quasi in campagna e sento solo silenzio. Ahhh, pace. Due merli che si picchiano, solo cinguettare di uccellini. Vecchietti in bici. Pace e amore insomma.
Forse un po' troppo inculato, ecco.
Arrivo davanti, cerco di aprire la porta ma è chiusa. Quindi suono.
E aspetto.
Ma nessuno apre.
Caspita, avevo previsto un solo piano, mi tocca escogitare un piano B. Albergo più vicino a casa mia. Entro e chiedo se hanno una stanza matrimoniale per il 27. Sì, bene. E quanto costa? 95 euro? Troppo. Troppo per un paesello come San Mauro. Non se ne parla.
Quindi vado un po' più lontano, in albergo di nome "la Pace". Ahhh. Che bel nome.
Siamo già al piano C, ho esaurito le carte.
Alla fine la signora mi dice che viene 60 euro. Ah: 60 va bene. Meno male.
Il piano D prevedeva la locanda "da Carla". Tanta polvere, tanto casino, però tutto gratis, e cibo molisano. Mamma inclusa (che già mi chiede cosa può cucinare. Santa donna.).

Canzone del giorno: All Or Nothing Athena Cage

Rivoluzionario per caso

I pensieri di oggi non sono fluidi. Sono un po' di giorni che non riesco a formulare un pensiero coerente, ma soprattutto non riesco ad esprimerlo. Già mi è difficile parlare, essendo io una timida patologica.
Insomma, non ci cavi un ragno dal buco.
Poi ho mal di schiena, e un fortissimo mal di stomaco. Ho deciso che passare la serata ingurgitando tortilla e bevendo la versione tarocca del gatorade mentre si guarda un film come "I pirati della Silicon Valley" non è una buona cosa. Buffo pensare che Steve Jobs mi sta sulle palle quasi più di Bill Gates. Perché Bill è stato scorretto a livello professionale ("prendendo in prestito" l'interfaccia grafica alla Apple), e Steve, da quel poco che ho capito, personalità eccentrica e narcisa, a livello umano lascia un po' a desiderare. Di tutti questi personaggi informatici (ricordo anche Stallman, che chiamo affettuosamente "uomo stalla" e che, nonostante la sua rivoluzione nell'ambito del software libero, a pelle trovo che sia piuttosto scortese e antipatico) l'unico che davvero mi garba un pochetto è Linus Torvalds. In primis il nome: Linus. Me lo immagino attaccato al monitor di un vecchio pc, invece della consueta coperta Peanutsiana.
Oppure mentre gira per casa con una vecchissima tastiera con alcuni tasti saltati via. Un sorriso sdentato portato a spasso da un giovincello curioso, biondiccio e occhialiuto. Che decide di sviluppare il kernel Linux per gioco, per proprio personale interesse. Tanto di cappello. Non lo fa per ideali, per prendere parte a una crociata come Richard Stallman, o per questioni commerciali, ma semplicemente perché un giorno si alza e decide di farlo. Io il massimo che posso decidere di fare alzandomi dal letto è installare qualcosina, configurare qualcos'altro. Poi dopo un'oretta di svariati tentativi mi annoio e decido che ci vivo bene anche senza. Gnokii, software per interfacciare cellulari nokia con il computer, non va? Pazienza. Non riesco ad aggiornare il server da ubuntu breezy a ubuntu dapper perché non ho spazio nella partizione /var? Fa nulla. Breezy va benissimo così. Ma per lo più quando mi alzo dal letto penso sempre la stessa cosa. Speriamo di non ruzzolare giù per le scale. Letto del cazzo.

17 giugno 2006

Torino Pride 2006: esserci è diverso




Esserci è davvero diverso: la marea di colori, gente, la musica. Ballare per le strade tutti insieme. Amore tra persone dello stesso sesso, amore tra persone di sesso opposto. Amore che aleggiava nell'aria, persino tra persone non vicine.

Sono tornata a casa che mi facevano male le gambe per aver ballato in continuazione.
Un grazie alle minchiette per essere venute, un grazie ai loro ometti (Ducci che ha recuperato un paio di preservativi da un carro e Andrea con la sua faccia assolutamente basita, da fotografia, a ogni carro che passava). Bella la corsa per seguire il carro che dava una birra piccola a 1 euro. Bello tutto anche se il tempo ci ha regalato due gocce di pioggia.
Al bando i bigottismi.
Esserci stata è diverso.

Canzone del giorno: Sarà perché ti amo Ricchi e Poveri

mAravigliosamente sconcertante

Non mi piace raccontare storie mielose, in cui lei e lui si scambiano infiniti baci in attesa di un altro felice incontro.
Però mi sento così, oggi.
Quindi parleremo di un lei e una lui. Oppure di un lui e una lei, in qualsiasi ordine vogliate metterli, o più semplicemente di un Noi, o Loro. Le prospettive sono diverse e infinite.
Mettiamo che Loro abbiano una storia meravigliosa da raccontare, quasi una favola, in questo mondo bizzarro che ha mille e uno ragioni per potersi definire tale. Mettiamo che un giorno i due si trovino, in un modo o nell'altro, sempre per caso. E che per caso si scambino due righe. Lui molto simile a Lei e Lei molto simile a Lui. Nei loro occhi voglia di vita, tra le righe voglia di vita, in ogni singolo carattere voglia di vita.
Le loro teste per qualche strana ragione hanno cominciato a dirsi l'un l'altra gli stessi concetti. Pensieri, azioni, desideri simili.
Anche le esperienze di vita sembrano simili, il lavoro, le aspettative.
La parola che stai cercando, adesso, è completo.
Ti suona familiare quel concetto di disillusione che si prova quando, dovunque guardi, vedi solo persone infelici che si accontentano? Bene, cancella questa visione, non riguarda questa storia.
Ora pensa al brivido più forte che hai mai provato, come quando scendi in picchiata e sei sull'ottovolante e tutti alzano le mani al cielo mentre tu non ci sei mai riuscito. Adesso pensa che in realtà le stai alzando e lasci che sia l'imbragatura a tenerti. Bene.
La parola che stai cercando adesso è fiducia.
Ora immagina il sogno più bello che hai fatto e pensa che realmente Loro lo stanno vivendo, al meglio, senza paure. Unisci la discesa sull'ottovolante, unisci la scomparsa delle disillusioni e uniscici anche il desiderio. Come quando da piccolo brami al cioccolato e non puoi mangiarlo. Un giorno però ci arrivi a quel cassetto e ti sfami del tuo desiderio. Unisci un mondo che vuoi esplorare, unisci la gioia della vita che Loro provano in ogni momento. Unisci la sincerità e l'infinito nei Loro occhi.
Bene.
La parola che stai cercando, adesso, è Amore.

16 giugno 2006

Forse era il balsamo

Ieri ho finalmente usato il mio nuovissimo phon professionale vinto a un concorso.
La scatola, dove una modella stragnocca fa bella posa di sè con il phon in mano, mi assicura che l'oggetto è supersilenziosissimo. Superbellissimo. Superasciugatuttissimo. Con due accessori fondamentali nella vita del capello di ogni donna, accessori peraltro finora sempre ignorati dalla sottoscritta: il beccuccio per la messa in piega, e un diffusore, per rendere i capelli voluminosi.
Già faccio difficoltà a usare il beccuccio, avendo rinunciato io ormai da molto alla messa in piega. Li asciugo alla meno peggio, a testa in giù, stropicciandoli, roteandoli per l'aere. Una volta belli asciutti passo la mia meravigliosa piastra (un'invenzione miracolosa) che li rende lisci e lucenti. Non ho ancora capito come facciano i capelli a non cuocersi: ogni tanto un buffetto di fumo si leva verso l'alto, ma io non mi pongo domande. Quando sarò senza capelli comincerò a preoccuparmi. Quindi mi faccio una bella doccia infinita, tampono i capelli con un asciugamano e poi attacco il meraviglioso phon professionale supersilenziosissimo. E meno male. Pareva di stare dentro il motore di un aereo. WOOOOOOOOMMMMM. Sono convinta che l'abbiano usato per gli effetti speciali nei film, per simulare un forte vento. Ci sono tre velocità e due livelli di temperatura. Più un tastino per switchare in modalità "aria fredda", per fissare l'acconciatura, così dice il manuale. Dopo il beccuccio decido di usare il diffusore. Ogni volta che vado a casa di qualcuno vedo questo diffusore appoggiato un po' ovunque a prendere polvere, e in casa mia un aggeggio del genere non era mai passato. La curiosità è tanta: cosa farà questo aggeggio miracoloso? Diventi come la modella della scatola?
Stacco il beccuccio, scottandomi le dita, e attacco il diffusore. Comincio a passarmelo sulla testa. Oh, piacevole.. sembra un massaggio. Oh, davvero piacevole. Infine stacco il diffusore, premo il mio bel tastino dell'aria fredda (per fissare l'acconciatura inesistente) e mi sento proprio orgogliosa di me. Ci ho messo circa il doppio per asciugarmi i capelli e sono esattamente come asciugati da un phon normale. Meraviglie della tecnologia.
Una sola cosa a vantaggio. Mi sembrano decisamente più morbidi. Ma forse sbaglio.
Forse era il balsamo.

14 giugno 2006

Solo un pazzo

Oh là. Viva la sincerità. Se ad oggi vi dicessi che sono una turbognocca incredibile parrei poco plausibile. I miei difettucci ce li ho, e tutti. La voglia di renderli pubblici è per me incontenibile.
Ad esempio il mio babbo mi ha regalato un naso enorme. Il culmine della tristezza è stato quando, a circa 10 anni, sono entrata in un bar con mio padre. Sì, il mio babbo mi diceva, circa una volta al mese: "Vieni, ti porto fuori". Per "fuori" intendeva il bar, dove era pieno di gente che fumava e lui che si vantava un sacco delle sue bellissime figlie. Io, che avevo i capelli lunghi fino al sedere, dovevo sorbirmi la menata dei suoi amici semicalvi che mi dicevano sempre "ma che belli questi capelli: me li regali?". Ma quel giorno qualcosa andò storto. Qualcuno disse che io e lui eravamo "due gocce d'acqua". Fu un colpo basso alla mia autostima, perché mia mamma godeva da giovane della nomea di "gnocca del paese" e mio padre.. bhe era mio padre.
Poi sono pelosa, quanto mio padre almeno. Una volta a settimana sbraito con cerette e sistemi più o meno dolorosi per estirpare il pelo per più tempo possibile. Ma dopo una settimana tornano su belli fieri. Un incubo.
Ho le tette piccole. Che per me non è nemmeno un dramma, sono piccine, perfette, stanno proprio in una coppa di champagne. Per il mondo pare invece una necessità quasi vitale avere almeno una terza. Io a una terza non ci arrivo nemmeno se le silicono. A tutto questo potrei aggiungere anche i miei piedocci grassocci. Un vero dilemma della fisica moderna. Porto il 37 di piede in lunghezza, e un 42 in larghezza. Ho i piedoni da papera. Finchè non li poggio a terra sono bellini, ma quando sono spiaccicati a terra, la ciccia del piede si spalma ai lati facendoli ingrossare quasi del doppio.
E i difettucci caratteriali. Sono un concentrato di paranoie senza scampo.
L'equazione è: Carla=normali paranoie ^1000. Ho paura a guidare, ho manie di persecuzione e di grandezza, sensi di colpa che mi accompagnano, ansia nelle comuni e normali attività quotidiane, timidezza paralizzante, terrore di non piacere alle persone.
Quest'ultima paranoia viene a galla la prima sera che esco con persone nuove. Improvvisamente emergo dal gruppo e divento brillante, simpatica, intelligentissima. Al terzo o quarto incontro ho esaurito tutte le possibili cartucce e torno a sedermi, zitta, in un angolino. Oppure dimostro subito la timidezza, che mi costringe in un angolo tutta la sera ad annuire e a sbatacchiare i miei occhioni alla ricerca di qualcosa di interessante da osservare.
Sono disordinata. La mia ex camera da letto è composta da: un computer sempre acceso, un altro computer fisso smantellato, un altro computer completamente smontato dentro a una busta di plastica, un camaleontario che dovrebbe diventare un terrario, grilli morti sparsi un po' ovunque, scatolame di insetti vivi (grilli e blatte rosse), lampadine non funzionanti sparse per terra, scatole di cartone vuote, cartoni delle confezioni delle uova, una pinza, un sacco pieno di torba, una busta di tela piena di confezioni vuote di cd. Per arrivare alla finestra bisogna compiere il gesto atletico di saltare la scatola dei grilli (che oggi con assoluto genio ho riposto fuori dal balcone e li sento lì a cantare felicemente e accoppiarsi selvaggiamente, beati loro) strisciare contro il bordo lungo del camaleontario, evitare lo spigolo del computer smontato per far sì che non entri nelle costole et voilà. Il gioco è fatto.
La mia attuale camera, ovvero l'ex camera di mia sorella, prevede numerose scarpe per terra. Almeno due da ginnastica, un paio di infradito, tre paia di scarpe col tacco di cui uno stivale invernale, un divano con su una montagna di roba sporca&pulita, pattini appoggiati elegantemente per terra, il violino con la sua custodia appoggiato all'amplificatore che è appoggiato al muro, scaldacera con vari roll di cera mezzi vuoti. Ma vogliamo parlare del letto? Parliamo del letto. Spesso prima di addormentarmi leggo. Il problema è quando finisco i libri. Ho una specie di allergia a portarli di sotto, perché parliamoci davvero chiaro. Ho un letto a soppalco e non mi va di fare su e giù per andare in bagno, figuratevi per spostare un libro. Quindi li finisco e li ammucchio lì, uno sull'altro. C'è anche una bottiglia vuota di Becks a farmi compagnia, un vecchio diario delle superiori e un ragno di peluche. Oltre a una miriade di ragni veri.
Insomma, solo un pazzo potrebbe.Punto.

La paura più grande

Una delle mie più grandi paure è far suonare quei cosi all'entrata o peggio, all'uscita di un negozio. Quando passi attraverso e loro cominciano ad accusare con un BEBEEP persistente e fastidioso. Credo di averla superata quella paura.
Perché.
Qualche giorno fa, a Firenze, in qualsiasi negozio entrassi facevo suonare ogni cosa. Anche quando uscivo. Finchè la guardia mi ha chiesto "Cosa vogliamo fare?". Non può chiedermi di aprire la borsa, ma io curiosa, l'ho fatto lo stesso. E ho cominciato a smantellare la mia borsa alla Mary Poppins, facendomi aiutare da San Roccio. Io senza borsa non suono, io con la borsa suono. Togliendo le chiavi suono lo stesso. Togliendo la digitale idem. Alla fine ci rinunciamo, va bene così.
A Torino non mi era mai capitato. Fino a ieri.
Vado in un centro commerciale. Devo comprare, nell'ordine:
cialde di caffè
spazzolino
assorbenti
pollo per cani
Prima ovviamente entro nel negozio di scarpe. BEBEEP BEBEEP. Lo sguardo accusatore dei torinesi su di me. Io mi guardo attorno, faccio quasi finta di nulla ed entro. E penso "Brava pirla, e ora uscire sarà peggio". Passeggio, trovo un paio di scarpe da ginnastica che mi piacciono tantissimo ma costano la bellezza di 90 euro. Quindi ci passo davanti, le provo. Vado via. Poi ci ripasso, le riprovo, e poi vado via.
Incredibilmente riesco ad uscire da questo fastidioso loop e mi avvio all'uscita. E ancora. BEBEEP BEBEEP. La commessa mi fa cenno di rientrare. Gli occhi accusatori dei torinesi su di me. A Firenze non sono così accusatori.
Mi chiede di prendere il portafogli e di passarlo attraverso i cosi. BEBEEP BEBEEP. Scoperto l'arcano. Pare ci sia un'etichetta all'interno del portafogli che fa scattare l'allarme. Me lo smagnetizza e io esco tranquilla.
Adesso il problema è: quale cazzo di etichetta sarà?
Forza, giocate con noi. In palio ricchi premi.

13 giugno 2006

Scherzo telefonico

Ho i pantaloni ancora bagnati, da farsela addosso.
Segnalato da Zion.

E se fosse

E' una giornata mAravigliosa oggi. Il sole splende, fa caldo, non ho arrancato per le scale del mio letto a soppalco rischiando di cadere, ci sono progetti fantastici per oggi (nulla come al solito) e la mia motilità intestinale sta riprendendo a dovere i suoi ritmi. Mi sento un po' come la Marcuzzi con la pubblicità dello yogurt, che sorride alle telecamere dicendo che il suo intestino sta bene. Brava Alessia, il mondo ne è felice.
Lo dico anch'io al mondo, il mio intestino sta bene anche senza yogurt. Felici? Lo spero.
Ieri ho vinto di nuovo a un concorso, due biglietti per il concerto dei Punkreas. Non so chi cazzo siano e non credo andrò, ma il gusto della vittoria, eh, il gusto della vittoria. Oltretutto per quella data, giovedì 15, un caro amico (che ho sempre chiamato Ovetto) sarà a Torino per lavoro. Non credo che portarlo da punk scalmanati e pogosi sia una buona idea. Sabato sera, invece, dopo il TorinoPride, che ho scoperto essere una felice succursale del gaypride che si terrà a Roma, c'è una festa di compleanno in un locale chiamato chico bum. Premetto che non sono un'assidua frequentatrice dei locali torinesi. Conosco due o tre pub in tutto, e sono sempre i soliti. Alla fine "m'importa una sega", come dicono i csi, l'importante è la compagnia.
Ieri pomeriggio sono andata in centro per comprare un paio di scarpe con tacco a spillo. (ahahah). Rido perché mi conosco un bel po', e rido insieme alle persone che mi conoscono. Sono scarpe che non metterò mai. Già per i problemi iniziali che ho nei negozi. Entro, guardo, poi mi vergogno a provare le scarpe ed esco. Quindi si ricomincia, altro negozio. Entro, giro, la commessa mi tampina e io scappo.
Sono senza speranze.
Scopro con grande entusiasmo che la mia frangia fa più colpo di me. O forse no. Forse è solo il sorriso ebete che mi si è stampato in faccia da un po' di tempo a questa parte. Prima o poi lo incontrerò il pirla che mi ferma e dice "Ma tu che cazzo hai da ridere?". Mi giustificherò dicendo che è una paresi.
I progetti del mese sono pochi, torinopride a parte. Il 25 sarò a Bologna. Un amico piantifero fa un open day nelle sue serre. Si mangerà, si berrà, si parlerà di piante ma soprattutto di cazzate. Potrei mai mancare io? Le magnifiche piante di Andrea, la compagnia pazza, la bellissima Bologna e tutto il resto. Magari anche rivedere Snoopy, che tra una cosa e l'altra non sento più molto spesso. In un certo senso è bene. Significa che va tutto bene. Un po' come ne "L'odio", il film. "Fino a qui, tutto bene.. fino a qui tutto bene.."
E allora, invece di immaginare di precipitare ripetendo quella frase, immagino di volare. E piano piano, mentre il mio corpo e soprattutto il mio cuore salgono, io non dico nulla. E resto a godere di quella vista incantata a occhi spalancati e bocca aperta. Che si sa, le cose vanno godute. La ricostruzione dei fatti lasciamola alla scientifica. E poi raccontiamoci barzellette su carabinieri.

12 giugno 2006

11 giugno 2006

Paso doble

Non credo esista luogo più romantico della stazione. Un posto dove le persone si salutano, prima che il lungo bruco di metallo le inghiotta per vomitarle poi altrove. A casa, o chissà..
La stazione ricorda belle sensazioni e momenti. E un attimo di occhi lucidi quando il bruco si allontana sferragliando. Un rumore che non si scorda in fretta.

Firenze, stazione Rifredi. Altro personaggio straordinario conosciuto sul treno, altro cuore in gola e desiderio di fermare il treno ancora prima che sia arrivato in stazione. Altro universo fermato. Quando le porte si aprono hai un misto di sensazioni tra liberazione e paura. Quel brivido che corre lungo la colonna vertebrale. Ed eccolo.
Lui.
Mi si appiattisce l'elettroencefalogramma a citare Lorenzo Cherubini. Ma:
"E adesso siamo occhi negli occhi e non serve a niente parlare [...] nei tuoi occhi mi ritrovo nell'attimo prima in cui sto per baciarti. L'universo si ferma un istante perché vuole ammirarti"
Non abbiamo bisogno di dirci molte cose. Gli occhi parlano per noi.

L'albergo dove ho prenotato è stato classificato subito come uno dei peggiori dentro cui io abbia mai alloggiato. L'albergatrice logorroica, il water che gorgoglia, i muratori al mattino, hanno fatto saltare questo albergo nella top ten, seguito immediatamente da uno in cui sono stata alcuni anni fa. Sempre in Toscana.
Ma tutto questo ha un'importanza relativa. Il contesto è divertente. Rido di cuore come non mi accadeva da tempo, tanto, troppo tempo. Anche mangiare un hamburger e macchiarmi di ketchup assume un senso nuovo. Bere una semplice birra. Stare in un semplice pub.

E' il giorno dopo quello più vivo. Proiettati nella caotica vita turistica di Firenze mi sembra strano non sentirmi affogata dal mare di gente che incrociamo. Gli faccio notare che potremmo restare seduti ad aspettare, e tutta Firenze ci passerebbe davanti. Risponde che sì, è vero. E' vero.
Il mercatino, il porcellino, e ponte vecchio, ogni cosa, assume un nuovo colore e forma. Un pranzo con una pizza al taglio, un gelato dai gusti improponibili, solite cose in forma diversa.
Credo sia difficile spiegare con le parole una cosa che a parole non puoi descrivere. In termini da brava bambina matta quale io sono potrebbe essere un periodo di questo tipo. Caldo, freddo, gioia, stupore, commozione, risate, colori, suoni, odori, e ancora via così all'infinito. Ma non sarebbe abbastanza. E non è un periodo, senza verbi.
E la sera ci regala molto di più di quanto potessimo sperare. Santa Croce aperta. Il buio, le candele che illuminano l'interno, lo spazio immenso in cui ci troviamo, ci fa sentire così piccoli. Mi sento così piccola che quasi mi commuovo. La magia si spezza quando veniamo cacciati. Era un momento di preghiera per chi stava lì. Ma a modo nostro anche noi eravamo lì in raccoglimento.

E la partenza. Mi è stato più difficile oggi prendere il treno. Il bruco di metallo con le finestre, dalle quali l'ho visto sparire. Rumore sferragliante. E io. Da sola eppure no. Concetto difficile, non saprei come altro scriverlo.

A Parma scende dal bruco un ragazzo, alto e bello. Una ragazza al binario ad aspettarlo. Una bella ragazza. I due si abbracciano a lungo, si baciano, si accarezzano, si guardano. Sono belli perché si amano, e non il contrario. Lui le dice qualcosa e lei fa un paio di giravolte davanti a lui. E poi si guardano ancora, si baciano, e si stringono.
E' una scena commovente. Penso che è tutto molto commovente. Il motivo che li porta a viaggiare e trovarsi. Il modo in cui i loro sguardi hanno parlato, e le loro mani si sono cercate. Il modo in cui le persone si trovano e si scelgono, in cui perdono le loro capacità mentali in breve tempo, e sono felici.
La felicità è racchiusa nelle piccole cose. Ed è molto più vicina di quanto pensiamo.

Ora però ho voglia di parlar di cagate come al mio solito. Sono stupefatta sempre più dal numero di belle ragazze straniere che popolano la bella città di Firenze. Concorrenza spietata tra donne. Italiane vs straniere. Se 10 anni fa fossi stata lì, con la mia bassa autostima dei tempi, sarei più o meno morta. Schiacciata dal peso delle belle straniere. Come vivono la cosa le donnine laggiù? Mi verrebbe da pensare a un nuovo slogan per i partiti di destra. Invece di "Più lavoro agli italiani" un bel "Più ragazzi alle italiane". "Via le americane desnude dalla nostra città".
Per quel che mi riguarda non ho molti problemi. Se io andassi qui in giro vestita come vanno loro sarebbe un massacro. Almeno il giorno che tornerò a casa, a Firenze, potrò indossare un qualsiasi abitino succinto, che nessuno ci farà caso.
Quindi quei belli shorts che non ho idea di quando indossare quassù potrebbero essere perfetti laggiù. E poi: il vestito che sembra una sottana, tutto pizzi e fiocchetti in raso. E poi: quello verde militare che mi fa sembrare un elfo. E poi: quello molto stretto che non si capisce se il mio corpo vuole uscire o il vestito vuole entrare. Ma forse no. Conoscendo la gran cazzona che è dentro di me troverò ogni scusa per non metterli anche laggiù. Ma anche lì mia mamma mi dirà "Ma con tutti quei vestitini che hai, ti metti sempre pantaloni e maglia?"
Incredibili le mamme. Dovunque sei e a qualsiasi distanza, hanno il potere di farti sentire sempre come se avessi 5 anni.

Piesse: il 17 giugno c'è il torinopride. Siete tutti invitati ufficialmente.

09 giugno 2006

E' solo pazzia

Ci ri-sentiamo lunedì. Ri-parto. Mi sono ri-ammattita.
Ma con gioia.

Oggi un debole sole su Torino. Oggi un po' di vento fresco a ricordarci che ancora non è estate, ma che dovrebbe fare un po' più caldo. Oggi ricordo ancora una volta chi sono.
Ma io, chi sono?
Ecco, un post che non dice nulla. Come sono brava a scrivere di niente.

Canzone del giorno: Tainted Love Softcell

08 giugno 2006

Tutta mia la città


Oggi, per festeggiare la mia attuale libertà lavorativa, ho deciso di fare un giro in centro. Quindi ho preso il pullman, ho inforcato nei padiglioni auricolari le cuffie del mio bel lettorino mp3 e sono andata. Fermata: piazza Palazzo di Città. In via Palazzo di Città mi sono fermata ancora una volta (chissà perché poi ci passo sempre?) ad ammirare il palazzo col piercing. Sconosciuto ai più, e a dirla tutta anche a molti torinesi, questo palazzo mette in bellissima mostra un enorme piercing sull'angolo che dà su via Palazzo di Città(1). C'è anche del sangue disegnato nel punto dove dovrebbe esserci il "buco", il che rende tutto più realistico.
Da qui sono andata in Piazza Castello(2) dove sono rimasta due secondi ad ammirare Palazzo Madama di giorno, stupendo, e la cima della Mole Antonelliana che sbuca tra i tetti. Poi ho deciso di proseguire per via Po(3), saltando al momento la ricca e sfavillante via Roma. Quindi sono andata alla Mole Antonelliana(4) desiderosa di sfruttare la mia tessera musei per salire sulla cime della Mole aggratis, ma la risposta è stata "picche". Sono già molti anni, mi dice la cassiera eccessivamente truccata, che la tessera musei non vale più per l'ascensore della Mole. Peccato. Torno indietro per via Po e poi devio per il teatro Regio(5), dove ogni tanto ci sono i ballerini di break-dance, sicurissima di farmi qualche risata ammirandoli. Purtroppo nemmeno loro ci sono, in questa Torino assolata e semideserta. Quindi è l'ora di via Roma(6). Via Roma, a parte i portici alti e bellissimi, ha solo dei negozi luminosissimi e costosissimi identici a qualsiasi altra grossa città. Da via Roma sono passata per piazza San Carlo(7), dove c'è il mitico toro sul pavimento, a cui tutti (pare porti buona sorte) calpestano le palle. Infatti il povero toro, nella zona in cui dovrebbero esserci i genitali ha un fosso. La gente ci salta sopra, e io non sono da meno. Calcolo i passi che devo fare per arrivare giusta giusta lì, e *pem* pestata alle palle. Porta bene, così dicono.
Continuo fino ad arrivare a piazza Carlo Felice(8) dove si trova la bella stazione di Torino Porta Nuova che purtroppo vogliono eliminare. Lì c'è il capolinea del pullman che devo prendere, cazzeggio ancora un po' per via Roma e poi torno a casa.
Se Firenze è casa mia, sicuramente Torino è la mia seconda casa.
I numerini si riferiscono alla mappa.

07 giugno 2006

Storie di straordinaria follia (condominiale)

Sto cenando e sento urlare qualcuno in una lingua a me incomprensibile. Esco sul balcone, ovvio, sono curiosa.
Il mio vicino di casa che abita sopra di me sta urlando qualcosa in calabrese, e si sa, il calabrese è sofferto. Riesco a tradurre più o meno così: "Ti cavo la lingua se ti permetti ancora una volta a dire che mio figlio è scemo".
Non sono riuscita a capire a chi si stesse rivolgendo, ma c'era tutto il palazzo fuori dal balcone che origliava. Ora, diciamocelo chiaro. Suo figlio è il bambino più viziato dell'universo. Più di una volta l'ho visto calare i suoi pupazzetti giocattolo, legati con lo spago, dal balcone di sopra al mio balcone, facendo scattare le trappoline delle mie piante e spezzandone altre. Santa pazienza. Saluta una volta sì e dieci no, ed è di quei bimbi che ti guardano con l'aria "Che vuoi?". Arrogante e indisponente. Ecco, scemo non è proprio l'aggettivo adatto. Ma, volendo, ce ne sono mille altri.

Canzone del giorno: quella che volete. Oggi sono felice.

Zion's game

Prendete il libro più vicino a voi e aprite alla pagina 18. Cosa c'è scritto alla 4a riga?
"La classica: non noti niente? E lui: 'Ti è spuntata una verruca sul mento o è un pezzo di Corn Flakes'?"
Qual è l'ultima cosa che avete visto alla televisione?
ieri sera a cena, un telefilm con Charlie Sheen
Senza guardare indovinate che ore sono
10.20
Adesso verificate che ore sono veramente
10.20 (incredibile)
Oltre al rumore del vostro computer che altri rumori sentite?
Poldo che lecca Birba, che cani vogliosi.
L'ultima volta che siete uscite che cosa avete fatto?
Ho girato la magica Firenze
Prima di cominciare questo questionario che cosa stavate guardando?
La chat
Che cosa indossate?
jeans anonimo, felpina rosa anonima
Avete sognato la notte scorsa?
Avevo una serie di camaleonti strani. Sì.
Quando avete riso per l'ultima volta?
5 secondi fa?
Cosa c'è sulle pareti della stanza in cui vi trovate in questo momento?
Un quadro non finito di mia sorella: la copia de "La morte di Marat" di David, foto della mia nipotina, foto di me e mia sorella con pancione, post-it con scritte cose ormai inutili.
Avete visto qualcosa di strano oggi?
Una vecchietta tampinava mia sorella cercando di estorcerle informazioni su un'altra mamma che abita nel suo palazzo.
Cosa pensate di questo questionario?
Che lo faccio perché oggi davvero non ho un cazzo da fare
Qual'è l'ultimo film che avete visto?
Che io ricordi "Ragazze interrotte". Parla proprio di disturbi borderline, tralaltro.
Se diventassi multimiliardario stasera cosa faresti per prima cosa?
Oh bella. Non saprei proprio, manco di fantasia quando immagino di essere miliardaria.
Racconta qualche cosa di te che non sappiamo ancora...
Vediamo. Quando ero piccola mi sono infilata una pallina di metallo nel naso e non riuscivo più farla uscire. Basta?
Se potessi cambiare qualcosa al di fuori della politica o del senso di colpa che cosa cambieresti?
Mi piacerebbe pensare che la gente si facesse meno problemi. La vita va vissuta, cazzo.
Ti piace ballare?
Adoro ballare, ma sono scoordinata e piuttosto buffa. Però se la gente ride è un buon pretesto per ballare.
George Bush?
Che cazzo di domanda è?
Quale sarà il nome del tuo primo figlio nel caso fosse una femmina?
Si da' per scontato che si debbano avere figli? Bhe il nome del mio primo figlio allora sarò un bel palindromo. Tiè.
Quale sarà il nome del vostro primo figlio nel caso fosse maschio?
Non ci sento da questo orecchio.
Avete già sognato di vivere all'estero?
Certo. In ogni luogo caldo.
Cosa vorreste che Dio vi dicesse quando varcherete la soglia del paradiso?
Dio? Paradiso? Io??
Quali sono le altre 4 persone che dovrebbero fare questo questionario sul loro blog?
Io spero proprio nessuno. Salvatevi almeno voi!

06 giugno 2006

Tutti hanno bisogno di tutti

Oggi è stato il mio ultimo giorno di lavoro. Per la prima volta non sono stata io ad andarmene ma sono stata licenziata. In un modo più fine possiamo dire che "non mi hanno rinnovato il contratto". Questo è ovvio. Per 6 mesi hanno disperatamente cercato di piazzarmi in ogni dove, come docente di corsi aziendali, come sistemista, nel settore telefonia e addirittura sui database, dove la mia conoscenza rasenta lo zero assoluto. Quindi ieri il mio capo mi prende da parte e dice che dobbiamo parlare. Dico che ho già capito. E parte con le giustificazioni.
Il bello è che non sono triste nè arrabbiata. Va bene così, è un anno positivo ed è ora di cambiare. Voltare ancora pagina.
Chi mi conosce sa quanto è difficile per me chiedere una mano. Per la prima volta la chiedo seriamente. Magari qualcuno di voi ha in serbo per me il lavoro della mia vita e io non so ancora qual è. Il mese scorso Decimo mi ha fatto notare che, a differenza di quanto sostenevo io, tutti hanno bisogno di tutti. Decimo, mi hai aperto un mondo, e hai ragione. D'improvviso non mi sento più la persona solitaria che credevo, e sento di appartenere a questa terra. Voglio stare in mezzo alla gente e la gente mi piace, perché ognuna nasconde una storia. E se siamo abbastanza bravi da poggiare bene l'orecchio, possiamo davvero ricevere doni meravigliosi.
Mondi nascosti.

05 giugno 2006

Il viaggio

Il primo giorno.
Mai prima d'ora mi è capitata una cosa simile. Avevo il treno per scendere a Firenze, da Torino, alle 7.45. Quando, con gli occhietti ancora appiccicati vado alla biglietteria automatica a fare il biglietto, questa mi risponde che non ci sono posti. Tutto esaurito. Il treno, capite? Nessun posto per me.
La giornata non comincia bene, non sono io a perdere il treno, il treno, in qualche modo strano, mi ha persa. Ancora con qualche speranza vado in biglietteria, ma anche lì la risposta è una e una sola: picche. Mi tocca prendere il treno dopo e aspettare ancora un'oretta. Questo però mi da' un vantaggio sugli altri. Posso cercarmi il posto, sedermi, e dormire tranquilla fino al cambio treno a Pisa. Il bello è che trovo dei compagni di viaggio sensazionali: due ragazzi metallari, con tanto di chitarre e chiodo incorporato. Due bamboli a grandezza naturale che, se tiri il cordicino, urlano "EAH!!".
Mi chiedono se ci sono posti liberi, affermo col mio capoccione rosso e si siedono di fronte a me. Da allora il viaggio comincia ad essere interessante. I due devono fare un'audizione al Roxy Bar, a Bologna, domenica. Prima però vanno un po' a Firenze a vacanzeggiare. Bevono Vermut e me lo offrono. Simpatici, un po' timidi. Ma simpatici. Rifiuto gentilmente.
Intanto nello scompartimento si chiacchiera e il tempo passa. Fino all'arrivo a Pisa. Anche i metallari scendono. Oramai siamo quasi amici: li aiuto a portare le borse, li prendo anche un po' per il culo. Mi aiutano a portare lo zaino e a cercare posto sul treno che arriva poi a Firenze. Su quel treno non abbiamo più aperto bocca. Eravamo tutti immersi nei nostri pensieri.
La mia fermata arriva: Firenze Rifredi. Il mio cuore si blocca. Scendo, e mi guardo attorno. Nessuno.
Guardo meglio. Nessuno.
Penso che i nostri appuntamenti serali sono sempre stati sul binario 3. Scendo e corro sul binario 3. Nessuno.
Scendo e corro fuori. Nessuno.
Poi lo chiamo. Incredibile, aveva sbagliato binario. Fosse stato qualcun altro me la sarei presa, ma mi viene da sorridere. Distratto. Era anche andato a controllare poche ore prima il binario esatto. Lui era al 9, e io ero scesa all'8.
Alla fine riusciamo finalmente a incrociarci, nei sotterranei della stazione. L'abbraccio è lungo. Lungo, lungo. Lui è come lo aspettavo. Capello lungo, spettinato. Pizzo lungo. Occhi che parlano.
Con lui Cosimo, amico di lunghe telefonate sotto le stelle o la pioggia. L'amico che imita il cinghiale. Nei suoi occhi chiari una dolcezza infinita, anche se i suoi modi spiritosi e leggeri lo nascondono bene. Mi piace osservare dentro le persone. Questo è lui.

Prima tappa, casa di Roccio dove sbocconcello una mozzarella che mi terrà compagnia tutto il giorno e dell'affettato. Quanto basta, q.b., come nelle ricette. E poi, il centro di Firenze. Il centro di innumerevoli culture, spazio ristretto dove il mondo si affaccia a guardare. Io, Roccio e Cosimo. A trovare parcheggio è stata dura. E' stata dura soprattutto per Roccio uscirne, dato che l'omino con l'enorme BMW ci aveva lasciato pochissimo spazio e lui è uscito dal portabagagli. E mentre io non posso fare a meno di guardare le meraviglie architettoniche del centro di Firenze, i miei amici si soffermano a guardare lo zoo che passa. Gente di ogni tipo, vestita in tutti i modi. Dopo un po' smetto anch'io di ammirare la rinascimentale e bella Firenze per scoprire che il mondo è essenzialmente fatto dalla gente che passeggia da quelle parti. Un vero zoo. Mi sento anch'io un po' turista e osservata, per qualche secondo. E' divertente stare con loro. Mi fanno vedere una città che credevo solo di conoscere, come se la guardassi per la prima volta. E' per questa ragione che mi portano dal mimo Grey. Ogni volta che pronunciano il suo nome non posso fare a meno di pensare "ottimo, direi". Data la battuta stupida, evito di dirla. La cosa più stupefacente di Roccio è che ride di cuore, come poche persone fanno. La cosa più eclatante di Cosimo è che fa il verso del cinghiale. Ma bene. Troppo bene. Non posso non ridere quando lo ascolto. Grey è in gamba. Segue le persone, gli fa il verso, si siede dietro alle biciclette dei passanti. Fa ridere tutti.
La scena migliore è quando prende in braccio una giapponese. I giapponesi, mi spiega intanto Stephen, altro amico di Roccio che abbiamo beccato lì, davanti agli uffizi, non amano essere toccati. Urlano, scappano. Scene da manicomio, molto divertenti. La giapponese alla fine finisce in braccio a Cosimo, mentre l'altra amica giapponese scatta foto. Scatta foto anche a me, incredibile. Una foto di gruppo con la giapponese che ancora urla. Firenze è magica.

La sera si avvicina, ma prima di andare a mangiare Roccio insiste per andare a vedere il tramonto da piazzale Michelangelo. So che lo fa per me. Non ho mai visto Firenze da lassù.
Stiamo lì, a guardare le altre persone, a guardare il cielo, e sposi che si fanno fotografare. E Firenze. Firenze è davvero magica.

Qualche risata poi scappa. I miei compagni di viaggio hanno messo un pupazzo incastrato nel portabagagli, in modo che fuoriuscisse solo il corpo e la testa (tralaltro già mozza) rimanesse dentro. Qualche bambino si ferma a guardare e noi ridiamo.
Remo, ti ho salutato Firenze da qui. So che apprezzerai.
Gli stomaci cominciano a brontolare, tranne il mio, ancora provato dalla mozzarella e dagli antibiotici che sto prendendo. Ci rechiamo in centro, dentro un pub. Ma con somma sopresa, ogni cosa che ordiniamo manca. Manca addirittura il pane per gli hamburger, io mi salvo con una focaccia, che credevo una specie di pizza, invece è una pizzetta farcita, simile a un panino. Ma lo sbocconcello poco, non sto benissimo. Preferisco mangiare poco che svomitacchiare in ogni dove.

L'attenzione si sposta ogni tanto su di noi, qualcuno chiede quando io e Roccio ci siamo conosciuti. La risposta è tanto banale quanto sorprendente: oggi.

Poi, la serata continua in un locale vegetariano, dove la proprietaria Veronica, una modella svedese, offre ai miei nuovi amici del buon vino. E la curiosità verso me e Roccio si fa sempre più palpabile. Infine andiamo a trovare Tone (si pronuncia tune) al locale dove lavora. Una ragazza molto sveglia dall'occhio birbo. Mi concedo due sorsi di birra dalla media di Roccio. La sera si accende di suoni particolari. Se non siete mai stati a Firenze è bene che qualcuno vi avverta. Per me, abituata alla rara vita notturna torinese è una cosa da rimanere fulminati. E' pieno di stranieri ubriachi e mezzi nudi. Americane belle e brutte con cosce di fuori e bottiglia di vino in mano. Se volete un'avventura occasionale non credo sia difficile averne in questi posti. Vorrei potervi descrivere di più ma per la giornata di venerdì basta. Decidiamo di andare tutti a nanna. Domani per me e Roccio si prospetta una giornata fatta di meeting di piante e conferenze noiosissime. Ma non importa. Ora si devono chiudere gli occhi.

Secondo giorno.
Il mattino ci regala un risveglio pigro, degno di chi non ha nessuna intenzione di muoversi dal letto. Ma comunque ci alziamo. Nella vecchia scuola di Sesto Fiorentino c'è un mitico Sergio Cecchi a darci il benvenuto. Roccio andava in quella scuola, e prima che potessimo dirgli qualsiasi cosa Sergio si avvicina e lo saluta. Si ricorda. Rimane sbalordito e ci chiede come facciamo a conoscerci. Ce lo chiediamo anche noi.
Io mi aggiro e saluto i più. C'è Pepè. Non lo vedo da una vita. C'è C. che mi saluta di sfuggita. Peccato, avrei voluto chiacchierare con lui. C'è 5ooKm con la sua fanciulla e spero che non mi guardi o saluti. C'è Aga che abbraccio con affetto. Conosco Samuele, da poco frequentatore del blog, un sensibile poeta che mi regala sempre qualche bel pensiero. C'è Fabione, ci sono i cechi. Insomma, ci sono tutti. Con Roccio faccio un giro della scuola. Mi mostra la sua vecchia aula, saluta un bidello che lavora ancora lì. Si immerge nei ricordi con gli occhi da ragazzino. E io posso persino vedere la famosa volta in cui hanno suonato nell'aula magna e Cosimo ha cantato.
Arriva la conferenza, meno male che c'è Pepè che mi massaggia il collo. Cado quasi addormentata, non so se colpa della verve che i ragazzi della repubblica ceca mettono nella loro spiegazione, oppure della stanchezza che mi porto addosso dal giorno prima. Roccio non c'è, è andato a fare un giro, e lo invidio un po'.
Torna dopo per il pranzo ammirando lo zoo che gli si presenta davanti. Certo: anche noi siamo piuttosto strani. Noi coltivatori di piante carnivore. Cerca di comunicare con qualcuno, ma non riesce. In quel mentre, proprio nel momento in cui cerco di digerire la pasta appena mangiata, con gran fatica del mio stomaco, arriva Cosimo. Cosimo, l'uomo che fa il verso del cinghiale. Si ride e si scherza ma io ho un sonno devastante. Al secondo round di conferenza cedo il mio registratore al gentilissimo Samuele e io vado in macchina a dormire. Roccio rimane lì con me. C'è silenzio e per un attimo mi rilasso. Solo che rilassarsi non basta e facciamo tappa a casa per dormire sul serio. Lì mi capita una cosa davvero incredibile. Da anni sono fissata con i sogni. Ho sempre cercato di fare sogni lucidi o comunque di ricordarli. Il viaggio fuori dal corpo è segnalato come un'esperienza mista tra sogno e viaggio metafisico, che comincia proprio prima della fase in cui si sogna. La fase è chiamata "fase vibratoria". Molte persone sentono dei forti suoni durante questa fase. Dopodiché il corpo "leggero" si stacca e comincia il suo viaggio.
Non mi era mai capitato.
Sono nel dormiveglia, mi visualizzo mentre scendo da una discesa in pattini. E' buio. Comincio a prendere velocità. Alla fine trovo un bivio e giro a sinistra. In questa strada che ho preso c'è uno STOP a terra per le auto che arrivano dalla parte opposta. Mentre giro accade qualcosa. Un rumore forte nelle orecchie. Lo so che sono nel dormiveglia, che non sto dormendo. Non riesco a controllare il rumore. Sembra un forte vento che fischia nelle orecchie. Non so. Ho paura e apro gli occhi. Un attimo dopo penso a quanto sono stata stupida. Non mi era mai capitato. Allora richiudo gli occhi e dopo un po' rivisualizzo la discesa, io che scendo in pattini e prendo velocità. Il bivio e giro a sinistra. E il rumore, ancora. Forte, sempre più. Sento come se vibrasse il corpo e poi nulla. Sono in una stanza e vedo figure indistinte. Grido "CHIAREZZA" e vedo una bambina con una maglia rosa. E' dentro un bagno. Corro nella cameretta dove in realtà sto dormendo, mi diventa subito chiaro che è un sogno. Ma un sogno diverso, consapevole. Insomma. Non mi era mai capitato. E' stato bello ma a rifarlo da sola forse avrei paura. Di cosa non so.
Ci svegliamo dopo qualche ora.
Roccio, un galantuomo di altri tempi in veste di uomo rock 'n' roll mi accompagna al ristorante in collina deciso poi a venirmi a riprendere. Io cerco di mangiare ma lo stomaco è un po' chiuso. Seguendo il consiglio di un signore toscano bevo un po' di vino, e mi fa incredibilmente bene. Comincio a ridere e non vedo l'ora che tornino Roccio, Cosimo e Stephen per uscire tutti assieme. Ci sorbiamo ancora donnine mezze nude che cantano con una bottiglia di vino in mano, e conosco Massimino. Amico di Roccio, faccia incredibilmente conosciuta. Sono stata sbalzata in una dimensione parallela piena di deja-vù. Io, Massimino, lo conosco. Come conosco bene Roccio, come sento di conoscere Cosimo e Stephen. Firenze è casa mia.

Lo stomaco sta molto meglio, bevo una media e mi sento più frizzante. Si ride e si scherza. Io e Roccio camminiamo mano nella mano, o abbracciati. Mi sento bene, ora. Mi sento bene in tutti i sensi. Non rimaniamo molto fuori. Siamo tutti stanchi e provati. Andiamo a dormire. Ne abbiamo tutti un gran bisogno. Saluto Cosimo e Stephen, so che un po' mi mancheranno. Stephen è un vero amico. Mi guarda con l'aria di chi non approva, ma vede che Roccio sta bene e questo per lui basta. Cosimo, l'orso dolce che imita il cinghiale.

Ci guardiamo negli occhi, io e Roccio. Lui parla poco, ma come me ha gli occhi che parlano per lui. Abbiamo lasciato che loro si comunicassero qualcosa che forse noi non possiamo ancora capire. E siamo filati a casa. La mia vescica fin troppo piena. Dimentico sempre che la birra media è devastante per lei. Arriviamo sotto casa che quasi non ce la faccio più e mi fiondo in bagno. Ho superato ogni mio record di resistenza. Le luci si spengono.
Firenze è magica, davvero.

Terzo giorno.
Il mattino arriva come un bradipo lento che ci prende in giro. Ha il sapore di amaro e l'odore di ruggine. Nessuno dei due vuole svegliarsi. Rimaniamo un po' così. Poi però prendiamo coraggio. Ci alziamo e andiamo alla stazione a fare il biglietto. Anche lì il destino si beffa di me. Treno pieno. Nessun posto per me. Nemmeno Torino vuole più Carla. Prendo un treno che parte qualche minuto prima ma da un'altra stazione. Non fa nulla. Facciamo colazione al bar della stazione. Prendo un tortino con una crema gialla. Non distinguo il sapore. Potrebbe essere qualsiasi cosa, non importa. Oggi tornerò alla mia vita, la solita, senza gente ubriaca che corre per il centro, senza due occhi che mi parlano. La solita.
Il pomeriggio è un bradipo ancora più lento. Dopo un pranzo a base di pizza surgelata (le mie doti culinarie farebbero disinnamorare un qualsiasi cane fedelissimo) ci spalmiamo sul divano. Sonno, ancora, lieve. Dormiamo un po'.
Il fischio del treno che prenderò ci sveglia: dobbiamo andare in stazione. Roccio rimane con me sul binario. Ho una voglia di spedirlo via, temo che sia triste vedermi partire, ma decide di rimanere. Prende un po' in giro due o tre passanti, mi torna il sorriso. Di lui mi rimarranno i suoi occhi, che mi hanno detto molte più cose di quante sono state dette a voce. Quando le parole non contano se non sono sincere, quando lo sguardo invece oltrepassa ogni barriera se dettato dal cuore.
Firenze, magica Firenze. Io tornerò.
Tornerò a casa mia.

01 giugno 2006

Dolcezza nuova

Eccomi di nuovo al lavoro, un po' stanchina, un po' rinsecchita, ma alla fine quello che conta è essere qui.
E' che mi sento il cuoricino battere all'impazzata. Si ferma, poi riprende, poi si ferma ancora, e poi resuscita. La ragione di questo ritmo è scritta tra le righe di una canzone molto bella.
Mi sento, e davvero mi ci sento, come se domani avessi il mio primo appuntamento galante. Nessuno dei due sarà vestito a festa. Io provata da un viaggio su treno non proprio brevissimo, lui da una serata probabilmente passata a fare i bagordi. Nessuno dei due ha visto l'altro, ma non è importante.
Da una settimana a questa parte l'appuntamento più bello è proprio quello alle 21, al binario 3 della stazione Firenze Rifredi. Un binario dove nessun treno passa ma ci siamo solo noi. Il telefono squilla e parte la magia. Passeggio per il centro del capoluogo toscano, sento la pioggia cadermi sul viso e il cuore battere per le corse. I canti a squarciagola, le risate a crepapelle. Mi sento parte di un mondo. E' strano scoprire come, mai e poi mai ti sei sentito a casa, e oggi mi sembra invece di averla finalmente trovata, casa mia.
Lontana, a volte irraggiungibile, ma pur sempre la mia casa.
Non credo più nelle distanze, sono frutto delle nostre paure. Le cose basta volerle.
Mi sento parte di lui, e lo sento parte di me. E anche se non voglio farmi domande, posso darmi tutte le risposte che voglio.
A lunedì.